"Giasone e Medea", Girolamo Macchietti, 1570-1573, Palazzo Vecchio (Firenze)
Dopo aver conquistato il Vello d'Oro, durante il tragitto di ritorno Medea e Giasone si fecero puruficare dai peccati commessi durante il viaggio dalla maga Circe. Intanto i Colchi inviati da Ade erano sulle tracce di Giasone e i suoi uomini. Arrivati nella località di Corcira dove si trovava la spedizione degli argonauti, i Colchi rivendicarono la proprietà del Vello al re locale, Alcinoo e alla regina Areta. Alcinoo disse che avrebbe rivelato loro il giorno dopo la condizione per restituire il vello. La consorte Areta, amica di Medea, si fece rivelare questa condizione: se Medea fosse stata vergine il Vello sarebbe stato restituito. Areta allora avvisò Medea che la notte stessa sposò e si unì a Giasone. Poterono così proseguire il viaggio di ritorno passando per l'isola delle Sirene dove il canto e la lira di Orfeo li salvarono dal canto fatale delle malevole creature di Ade. Proseguirono quindi per la Sicilia, senza tuttavia sostarvi, per la Libia dove affrontarono il deserto e giunsero quindi a Creta. Nel frattempo Pelia, non rispettando la promessa fatta a Giasone, ne sterminò la famiglia. Prima il fratello Esone, poi il nipote Promaco, mentre Polimela preferì togliersi la vita di mano propria. Al ritorno di Giasone a Iolco, appena saputa la notizia meditò la vendetta grazie all'aiuto di Medea. Medea preparò un idolo dedicato ad Artemide e con questo fu accolta entro le mura della città. Cercò di convincere Pelea che avrebbe ottenuto l'eterna giovinezza se avesse riposto la sua fede nella dea e per dimostrarlo fece a pezzi un vecchio ariete e li gettò in un calderone dove con qualche incantesimo ne fece uscire uno più giovane. Il re si convinse e Medea invito le sue figlie Alcesti, Evadne, e Anfimone a fare lo stesso col padre. Dopo una iniziale resistenza le figlie fecero a pezzi il padre e li gettarono nel calderone e a quel punto Medea lanciò il segnale facendo entrare gli Argonauti in città. Il figlio del re Acasto che partecipò alla spedizione non si oppose ma alla fine prese il trono del padre ed esiliò Giasone. Secondo l'antica usanza, alla morte del re furono dedicati dei giochi funebri
, nei quali gli Argonauti ebbero occasione di dar prova della loro abilità, vincendo diverse prove.
Dopo aver conquistato il Vello d'Oro, durante il tragitto di ritorno Medea e Giasone si fecero puruficare dai peccati commessi durante il viaggio dalla maga Circe. Intanto i Colchi inviati da Ade erano sulle tracce di Giasone e i suoi uomini. Arrivati nella località di Corcira dove si trovava la spedizione degli argonauti, i Colchi rivendicarono la proprietà del Vello al re locale, Alcinoo e alla regina Areta. Alcinoo disse che avrebbe rivelato loro il giorno dopo la condizione per restituire il vello. La consorte Areta, amica di Medea, si fece rivelare questa condizione: se Medea fosse stata vergine il Vello sarebbe stato restituito. Areta allora avvisò Medea che la notte stessa sposò e si unì a Giasone. Poterono così proseguire il viaggio di ritorno passando per l'isola delle Sirene dove il canto e la lira di Orfeo li salvarono dal canto fatale delle malevole creature di Ade. Proseguirono quindi per la Sicilia, senza tuttavia sostarvi, per la Libia dove affrontarono il deserto e giunsero quindi a Creta. Nel frattempo Pelia, non rispettando la promessa fatta a Giasone, ne sterminò la famiglia. Prima il fratello Esone, poi il nipote Promaco, mentre Polimela preferì togliersi la vita di mano propria. Al ritorno di Giasone a Iolco, appena saputa la notizia meditò la vendetta grazie all'aiuto di Medea. Medea preparò un idolo dedicato ad Artemide e con questo fu accolta entro le mura della città. Cercò di convincere Pelea che avrebbe ottenuto l'eterna giovinezza se avesse riposto la sua fede nella dea e per dimostrarlo fece a pezzi un vecchio ariete e li gettò in un calderone dove con qualche incantesimo ne fece uscire uno più giovane. Il re si convinse e Medea invito le sue figlie Alcesti, Evadne, e Anfimone a fare lo stesso col padre. Dopo una iniziale resistenza le figlie fecero a pezzi il padre e li gettarono nel calderone e a quel punto Medea lanciò il segnale facendo entrare gli Argonauti in città. Il figlio del re Acasto che partecipò alla spedizione non si oppose ma alla fine prese il trono del padre ed esiliò Giasone. Secondo l'antica usanza, alla morte del re furono dedicati dei giochi funebri
, nei quali gli Argonauti ebbero occasione di dar prova della loro abilità, vincendo diverse prove.
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