domenica 9 giugno 2013

Zeus e Ganimede

dipinto: "Il rapimento di Ganimede", Eustache La Soeur, 1650

il mito: Ganimede, figlio di Troo di Dardania (e dal cui nome deriverebbe Troy, la città di Troia), è considerato il più bello dei mortali del suo tempo. Nell'Iliade Omero racconta che Zeus lo rapì sotto le sembianze di Aquila mentre pascolava un gregge sul monte Ida. Zeus offrì in cambio al padre due cavalli divini e un tralcio di vite d'oro. Il padre si consolò pensando che suo figlio non solo sarebbe divenuto il coppiere degli Dèi, ma Zeus lo avrebbe reso anche immortale. Secondo il mito Zeus ne fece anche il suo amante come confermato anche da Ovidio nelle Metamorfosi e Virgilio nell'Eneide. Platone criticò i suoi contemporanei accusandoli di aver inventato il mito di Zeus e Ganimede per giustificare gli atti di pederastia che nell'antica Grecia erano molto comuni. Nel Simposio, egli, per bocca di Socrate, nega che il bel giovane possa mai esser stato l'amante carnale del padre degli Dèi, proponendone invece un'interpretazione del tutto spirituale: Zeus avrebbe amato l'anima e la mente-psiché del ragazzo, non certo il corpo. Il neoplatonismo ha recuperato questo mito in senso spirituale. Il rapimento rappresenterebbe l'anima che vola verso Dio.

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